“Studiare è respirare: non riempie, fa spazio. Espande la capienza del pensiero. Addestra il muscolo fragile della libertà.”

Ieri pomeriggio mentre rientravo a casa ho incontrato la mia amica Carissima Cristina, una bravissima ed esperta Insegnante presso l’Istituto Maestre Pie Scuola Primaria che stimo tantissimo.

Come sempre il primo saluto nei suoi confronti ha un obiettivo, quello di essere un po’ frivolo e di farla sorridere con una battuta, e poi, come sempre, iniziamo a parlare su temi in generale, ragionando su come stanno andando le cose nella nostra società attuale.

Ieri abbiamo toccato il tema sulla scuola e sulla conoscenza in generale, ed abbiamo condiviso il fatto che c’è ancora tanto da fare su questo tema, per lasciare un futuro migliore alle nuove generazioni.

Dopo esserci salutati, rientrando a casa ho subito riflettuto su quanto discusso con Cristina e mi sono ricordato di un interessante articolo proprio su tema sopracitato, che avevo letto qualche giorno fa su un periodico del Sole 24 ore.

L’articolo trattava di un ragionamento sviluppato dalla giornalista Nicoletta Polla-Mattiot con Gianni Canova, Professione ordinario di Storia del cinema e Filmologia, che da novembre 2018 è anche rettore dell’Università IULM.

Immediatamente sono andato a rileggerlo ed ho voluto condividerlo anche con te per allenare il nostro pensiero a sviluppare una bella riflessione ed essere preparati sul tema con più consapevolezza.

Il tema di partenza è il Diritto umano numero 26: in nessun Paese civile l’istruzione dovrebbe essere un lusso.

L’Italia è agli ultimi posti in Europa per numero di laureati, da anni il nostro sistema scolastico non funziona più da ascensore sociale e non fa che confermare le disparità di partenza. Sono in molti ormai, a considerare un bene superfluo di cui si può fare scaltramente a meno, e magari avere successo e arricchirsi prima. Eppure, anche prendendo solo in considerazione il gusto e l’affermazione personali , sono convinta che lo spontaneismo del mi piace/non mi piace restringa l’orizzonte. La Creatività, anche quella dei nostri desideri, va fatta respirare. Per questo le università hanno un compito importantissimo.

Il Prof. Canova dice: “Io preferisco un termine un po’ arcaico e desueto: insegnamento.

Perché, anche etimologicamente, colui che in-segna lascia un segno.

Credo che uno dei problemi di quella che chiamiamo formazione o educazione, sia il fatto che i docenti e opinion Leader dimenticano l’impegno di lasciare un segno, d’infiammare, appassionare, portare il fuoco nelle aule e nelle coscienze, accendere la sensibilità.

Una lezione può essere un laboratorio, fatto di sperimentazione, apprendimento reciproco, nella convinzione che non hai davanti un recettore passivo, ma un soggetto attivo e pensante.

Questo secondo modello forse è temuto perché il risultato è aleatorio, soggettivo, non verificabile e misurabile puntualmente, non traducibile in formule precostituite. E il mondo contemporaneo è in balia di questa nuova forma di potere che è l’algoritmocrazia, che omogenizza, pialla, rende tutti uguali.

Uno degli slogan migliori del nostro ateneo dice così:

“Nel 2008 le dieci professioni più richieste del 2018 non esistevano ancora.”

Chiunque si iscriva oggi all’Università, non sa se sceglie la facoltà giusta né se farà la professione per cui decide di studiare. Abbiamo la fortuna di vivere in un mondo che cambia e va talmente veloce! L’unica cosa intellettualmente onesta che possiamo insegnare è una forma mentis, la capacità di analisi, di sintesi, pensiero creativo, l’abilità a ragionare e risolvere problemi.

Che tu faccia l’Ingegnere, il medico, l’avvocato, se hai sviluppato queste capacità, fra dieci anni sarai in grado di reggere. Qualunque cosa sia diventato il mondo.

Le stime parlano di analfabetismo al 32 per cento in Italia. Nel 2020 un paese civile dovrebbe avere almeno il 40 per cento dei laureati nella fascia d’età compresa tra i 24 e i 35 anni.

Tutti i Paesi europei sono ben oltre, tranne due, noi e la Romania. L’Italia non raggiunge neanche il 27 per cento. Ma c’è di più. Siamo totalmente analfabeti delle due discipline forse più necessarie a capire la contemporaneità: l’economia e i linguaggi audiovisivi. Oggi puoi arrivare alla maturità classica senza sapere che cos’è un bilancio o una partita IVA. Così come puoi non avere mai incontrato Stanley Kubric, Alfred Hitchcock o Federico Fellini. Eppure sono figure imprenscidibili.

Ci basti un dato: nel Medioevo, un uomo medio intercettava più o meno 40 immagini artificiali nel corso di una vita (qualche dipinto sulla volta delle cattedrali, le prime illustrazioni sulle pergamene…)

Oggi uno qualunque di noi intercetta più o meno 600mila immagini artificiali al giorno. Un ingorgo visivo rispetto al quale non abbiamo strumenti, nessuna capacità di lettura e di decodifica. Mentre negli altri Paesi la media literacy è stata introdotta nei curricula scolastici, da noi non esiste neppure la consapevolezza dell’utilità di una sintassi e una grammatica dell’audiovisivo per un cittadino del Ventunesimo secolo. Quando si dice che siamo il Paese con il più basso tasso di scolarizzazione, il minor numero dell’Occidente e, quel che è peggio, con la maggiore feticizzazione dell’incompetenza, è il risultato di scelte miopi. Senza democrazia culturale la democrazia politica è una truffa.

Dovremmo vergognarci di non riuscire a spingere un numero sempre maggiore di persone a capire che la laurea è una necessità primaria. E’ irresponsabile non considerare la scuola in funzione della formazione della classe dirigente di cui il Paese ha bisogno. A formare il Parlamento dovrebbero essere i trecento italiani più bravi, i più competenti, i più capaci.

Nella Repubblica di Platone sono i migliori a governare, perché reggono la cosa pubblica, hanno la responsabilità di fare il bene di tutti, di progettare il futuro. Per questo sono i più preparati: non è una cosa che può fare chiunque.

Quel che si sta perdendo oggi è la capacità di ascoltare. Chiunque è preso dalla smania di raccontare di sé, di esibire quel che mangia, dove va in vacanza, come si veste, di chi è innamorato, quello che gli piace, anziché osservare quel che succede agli altri. Eppure, nella Storia, in ogni società, ha sempre vinto chi sa ascoltare meglio, chi capta dall’ambiente il maggior numero d’informazioni, segnali, indizi, simboli e si salva.

Il mondo in cui abbiamo la fortuna di vivere esige una preparazione che non può più essere elementare.

Competenza, conoscenza e merito sono i tre assi che formano uomini liberi, con una mobilità mentale sganciata da zavorre ideologiche e conformiste. Il futuro comincia da qui, consentendo a tutti il lusso di prendersi cura di se stessi, di dedicarsi, di coltivarsi.”

“il futuro si costruisce consentendo a tutti il lusso di dedicarsi a sé.”

📷 cortesemente concessa dal web

 

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