Da una magistrale lezione del Prof. Alessandro D’Avenia, è lui che parla ai ragazzi…

Sono contento di parlarvi di un tema che mi sta molto a cuore, perché l’uomo che sono oggi a quarant’anni lo devo a cose che sono successe tra o e 18 anni, che è l’età in cui vi trovate voi.

La prima cosa che mi interessa è, e che vi interessa credo, è come si fa a scoprire il proprio talento (le ORIGINI).

Ecco, il talento è proprio una specie di ossessione che poi si trasforma in una passione che emerge sin da quando siete bambini.

Il mio è fiorito il primo giorno delle elementari in cui forse un pò frustrato dal fatto che la prima elementare rispetto all’asilo non mi piacesse, mi sono messo a guardare i cartelloni che ci sono sulle pareti della prima elementare, e m’immaginavo cosa facevano i personaggi, ve li ricordate quelli per imparare le lettere, lo gnomo, la farfalla, che cosa facevano quando noi abbandonavano la scuola notte tempo.

E la mia prima storia che ho raccontato poi ai miei nuovi compagni di classe è stata quella di uno gnomo che con un coltello decide di tagliare ali alla farfalla perché invidioso del fatto che lei sia così liberamente, mentre lui è costretto ad andare in miniera tutti i giorni.

Quindi, sin da piccolo, 5/6 anni, io quello che volevo fare era raccontare storie. Ma questo non basta, può essere anche un’ illusione un’ immaginazione, qualche cosa insomma che un pò ci illudiamo di saper fare.

Bisogna poi incontrare le persone giuste per capire se questo è vero.

E chi sono queste persone?
Sono “i maestri”.

Senza i Maestri il talento non fiorisce. Perché, perché sono quelli che ti mettono alla prova.

Io ho deciso di diventare insegnante, che poi era il naturale compimento di quel desiderio di raccontare storie al mondo, innanzitutto ai miei studenti grazie al mio professore di lettere, che un giorno mi prestò il suo libro di poesie preferito e mi disse: questo me lo restituisci fra due settimane, e in quelle due settimane io mi tuffai dentro questo libro e diventai insegnante, perché lui mi confidava un segreto che era solo per me.

E allora arriviamo a un punto che è quello fondamentale che i maestri ti insegnano, il fatto che tu sei unico (UNICITA’) che quindi, quella cosa che lui ha visto in te la puoi fare solo tu e non la può fare un altro.

Quindi, non illudetevi che il talento sia l’applausino che ti arriva dalla gente che ti osanna quando fai una cosa da sbruffone.

Il talento è quando tu scopri quel pezzo di mondo per cui sei insostituibile.

Quindi può avvenire anche nel silenzio questa cosa e quando ho capito che questo era quello che mi riusciva, ho deciso che sarei andato a fare lettere, sarei diventato Professore.

Ma c’erano delle difficoltà, quindi attenti, perché questa unicità ha degli ostacoli grossi, (DIFFICOLTA’) .

Quali sono le difficoltà?

Che quando io ho detto ai miei amici e alle persone attorno a me che avrei voluto fare l’insegnante, tutti mi dicevano: “sarai un morto di fame”.

Io avevo un papà dentista che aveva già lo studio bello pronto, quindi voi vi immaginate che follia andare a fare l’insegnante.

Ma li dovete capire se quella è veramente la vostra vocazione, il motivo per cui state al mondo.

E allora il contrasto sarà fra quello che il mondo si aspetta da voi, e quello che invece fiorisce da dentro, che può entrare in contrasto.

Certo io sentivo la pressione di queste voci, sarai un morto di fame, la pressione dei miei genitori che dicevano “c’è lo studio pronto”…, quindi era giusto essere realisti, ma un altro maestro, e li torniamo, mi disse :

Immagina: “Hai quarant’anni che cosa stai facendo, vai in studio a curare una carie o entri in classe a raccontare Dante Alighieri?”

Quello per me è stato fondamentale.

Quindi voi dovete fare un gioco di proiezione sul futuro perché capirete se a 30/40/50 anni voi vi svegliate e continuate a fare quello per cui siete fatti, quel pezzo di mondo per cui siete insostituibili, continua a rendervi tali.

E allora, la cosa che poi scoprirete, è che il talento non c’entra niente con “successo” come lo intendiamo noi, perché non è l’applauso.

Il successo per me è stato, pensate che è successo, entrare il primo giorno di scuola, finalmente al liceo, che era il luogo in cui io volevo insegnare.

E voi direte: ma che bel successo…
Si perché il talento quello che fa è che cambia. Mentre tu cambi il mondo intorno a te, cambia te stesso, e quindi c’è un continuo ricambio di energia, è quel tipo di lavoro di cui non ti stanchi mai.

E se trovate quindi il lavoro che non vi stancate, avete vinto tutto.

Ma questo attenzione è indipendente dal successo.

La strada del vostro talento vi porterà a fare professioni, a coltivare interessi, che saranno lastricati da fallimenti.

Sapete con quanti alunni io ho fallito, ma non mi interessa perché so che quello è il mio ruolo nel mondo. Poi che si abbia degli insuccessi o dei fallimenti è normale, è il pane quotidiano, perché la parola talento e imparentata con la parola passione.

Passione in italiano è una parola bella perché indica sia il trasporto erotico verso qualche cosa, sia il patire per qualche cosa. Quindi non illudetevi che il talento sia un tappeto rosso lastricato di applausi, perché invece è lastricato di sofferenze, ma allo stesso tempo di un’energia che ti ritorna perché lì dove c’è una sofferenza che sempre qualche cosa che invece è andata bene.

Allora per chiudere ricordatevi questo, che voi siete in una fase della vostra vita caratterizzata dalla crisi.

Ma “crisi” è una parola antica bellissima!
Era la parola che i Greci utilizzavano per dire che cosa, quando i contadini distinguevano fra il grano e la pula, cioè tutto quello che andava buttato via. Conservare quello che serve a fare il pane, per buttare via tutto il resto.

Quindi benedetta crisi in cui vi trovate, ma dovete esplorare per capire qual è quella cosa che renderà forte la vostra identità e per cui voi siete insostituibili al mondo.

E dimenticatevi questa idea del talento come auto affermazione contro gli altri, perché il talento è qualche cosa che si coltiva, che voi scoprite dentro di voi, per rendere il mondo un pochino più bello attraverso la vostra presenza.

E quindi è una cosa che vi è stata donata per essere donata, non serve a innalzare il proprio ego, ma ad innalzare l’ego degli altri.

Io sono diventato scrittore solo per il fatto che ho imparato a stare in classe, a un certo punto capendo che la cosa più importante di quel giorno scolastico era l’appello, cioè che di fronte a me avevo 25 talenti da scoprire e il mio ruolo di insegnante è proprio quello, uno che incoraggia il talento, e cerca in qualche modo come avevano fatto quei maestri di farlo fiorire.

Ed è quello che vi auguro.

Quindi non abbiate paura di non averlo ancora scoperto, perché lo avete sicuramente, si tratta di essere curiosi, esplorare ed essere sanamente in crisi per questo.

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